In molti ospedali italiani, negli ultimi anni il numero dei medici che si dimettono per abbracciare il privato o la libera professione è in aumento. Questa tendenza interessa un po’ tutte le categorie, chirurghi, anestesisti e radiologi in testa.
Tra le motivazioni più ricorrenti:
- La scarsa considerazione;
- I carichi di lavoro;
- Il lavoro notturno e festivo pesante;
- La scarsa possibilità di aggiornamento professionale;
- La difficoltà a gestire tempo libero-impegni professionali;
- Motivi economici.
Per chi proviene dalla pubblica dirigenza, optare per il privato può voler dire sostanzialmente due cose: o farsi assumere da una struttura sanitaria privata, continuando così a svolgere la professione da lavoratore dipendete, oppure aprire una propria partita iva scegliendo così la libera professione.
Per chi sceglie la libera professione, l’attribuzione della partita iva è solo il primo passo. Subito dopo si dovrà scegliere in che forma “fare il medico”: aprire un proprio studio medico oppure un ambulatorio/poliambulatorio? Costituire una società, magari con altri colleghi oppure entrare in una società cooperativa ecc.
Ciascuna opzione offre vantaggi e svantaggi, non solo fiscali.
Un consiglio: non scegliere mai la soluzione solo perché così “pago meno tasse”. Le “tasse da pagare” sono solo un elemento di “efficientamento economico/finanziario” della scelta organizzativa. Decidere di aprirsi al privato vuol dire cambiare il regime delle proprie responsabilità professionali (civili e penali); incide sulle scelte assicurative obbligatorie e sugli strumenti di tutela del patrimonio personale e familiare, ecc.
Nei prossimi post affronteremo più nel dettaglio tutte queste tematiche fondamentali.
Iniziamo questo percorso però da una delle domande più ricorrenti: che differenza c’è tra uno studio medico e un ambulatorio? Sono la stessa cosa? Hanno bisogno delle stesse autorizzazioni?
Andiamo con ordine.
Generalmente si definisce ambulatorio ogni locale che risulti destinato ad attività diagnostiche e terapeutiche o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente (che non richiedano ospedalizzazione) indipendentemente dall’attrezzatura della quale esso sia fornito. Per l’apertura di ambulatori, così come per l’apertura di case o istituti di cura medico-chirurgica, è necessaria la speciale autorizzazione del sindaco di cui all’art. 193 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (testo unico delle leggi sanitarie).
Non è richiesta, invece, la speciale autorizzazione del sindaco per l’apertura di uno studio medico, dovendosi qualificare come tale il locale adibito al solo esercizio dell’attività professionale di uno o più medici, senza alcuna finalità terapeutica, caratterizzata dalla prevalenza del profilo professionale su quello organizzativo.
In altri termini lo studio medico si caratterizza:
- Per l’assenza di un contesto organizzativo unitario tale da determinare, verso l’esterno, autonoma rilevanza
- Per la mancanza di una “complessità” di persone e attrezzature tale da determinare una attività in concreto, prevalente rispetto a quella del singolo operatore;,
- Per la mancanza di attrezzature per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità oppure che comportino un rischio per la sicurezza del paziente.
Nel caso dello studio medico, ovviamente, valgono sempre gli obblighi previsti per l’esercizio della professione tra cui l’iscrizione all’albo e il rispetto dei requisiti strutturali edilizi e impiantistici per l’igiene e la sicurezza.
Nei prossimi post analizzeremo più da vicino alcuni aspetti essenziali, da tenere d’occhio, nel caso in cui si opti per l’apertura di uno studio medico o di un ambulatorio. Analizzeremo anche in quali forme giuridiche sia oggi possibile eserciate la professione, sottolineando vantaggi e svantaggi per ciascuna soluzione.
